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Povertà educativa e l’istituto dell’affido culturale


La povertà educativa è uno stato avente la particolare caratteristica di deprivare l’individuo dei processi formativi necessari alla realizzazione di ciò che crede che abbia valore nel condurre una esistenza dignitosa. Sostiene Amartya Sen, Premio Nobel per l’Economia nel 1998, che lo sviluppo non possa misurarsi esclusivamente entro gli indici di crescita economica, ma che, al contrario, trovi maggiore espressione nel rafforzamento della platea dei diritti fondamentali ed inderogabili della persona come, ad esempio, il diritto ad avere una istruzione di qualità, senza i quali non è possibile garantire un’espansione delle conseguenti libertà che descrivono l’approccio umano alla società.

Infatti, chi è felice e soddisfatto della propria condizione socio-economica e si riconosce in una rappresentanza istituzionale consapevole dell’interazione tra limiti, benessere e libertà, è più disposto a sobbarcarsi i rischi di un investimento emotivo e relazionale a beneficio della collettività. Quando, però, le politiche pubbliche rinunciano a rimuovere gli ostacoli che si frappongono tra il riconoscimento di un giudizio di valore configurabile come emanazione di un diritto e l’impegno ad esprimerlo nella diversità individuale, consegue un decadimento generazionale di sviluppo delle competenze, invece, indispensabili per avvalorare una condizione complessivamente soddisfacente. Dunque, il tema dello sviluppo non può essere esclusivamente rubricato in termini finanziari senza interrogarsi se gli individui siano effettivamente liberi di scegliere su quale sistema di valori informare la propria vita. Infatti, il fenomeno della povertà educativa è il più contorto tra i meccanismi di deprivazione, poiché esso si manifesta quando i processi di crescita personali sono consolidati in modelli esistenziali il più delle volte irreversibili. Perciò, è fondamentale, fin dalle prime occasioni di scambio culturale, organizzare le conoscenze dimodoché esse si possano convertire in un consapevole potere di scelta e scardinare quel principio che relega le fasce di popolazione potenzialmente a rischio di povertà in una condizione inamovibile di accettazione del proprio status sociale. In tal senso, il potenziamento dell’offerta culturale a livello locale può rappresentare una buona prassi di contrasto alla povertà educativa. La letteratura scientifica ha sottolineato più volte come sia importante fin dall’infanzia moltiplicare i momenti di curiosità, di gioco e di svago dal momento che essi costruiscono la percezione che l’individuo ha di sé e del suo relazionarsi con i pari.

Per questo motivo, l’accesso ai siti archeologici, ai parchi naturali, ai teatri, ai cinema e ai musei va fortemente garantito ai minori, poiché la consapevolezza di essere protagonisti e fruitori attivi di un patrimonio di idee, di manufatti e di esperienze è il primo passo per costruire i vissuti come vigile presenza di fronte al tentativo di alterare la fisionomia culturale di un territorio. Infatti, ritorna utile il binomio tra conoscenza e assegnazione di un valore positivo all’agire che da pratica individuale si trasforma in un’azione dirompente a vantaggio della comunità. Da questo processo esce così rafforzato quel senso di appartenenza ad un ordine democratico che lega i suoi fautori alla consapevolezza che la sensazione di benessere sia più attuabile nel momento in cui il rapporto tra conoscenza e scelta di valore conducano all’intuizione della libertà.

L’esperienza multidimensionale delle Vie dei Tesori ha permesso di evidenziare il grado di appetibilità culturale della città di Caltanissetta e la positiva risposta della cittadinanza alla fruizione di un patrimonio cittadino ai più sconosciuto. Tale iniziativa ha cementato, attorno ad un bene culturale o a una esperienza sensoriale, il sodalizio vincente tra le agenzie culturali ed educative pubbliche e private operanti sul territorio nisseno, attivando proprio quella consapevole scelta che spinge ad esplorare opportunità di crescita mai finora sperimentate: così il potere conoscitivo di pochi viene distribuito ai molti. Affinché non vada dispersa una energia così centrale nella distribuzione di saperi, è cruciale che l’esperienza delle Vie dei Tesori trovi il suo privilegiato canale di diffusione nell’azione educativa delle famiglie. Per contrastare i tassi di povertà educativa in alcune città del Paese come Roma, Milano, Bari, Cagliari e Arezzo, un’esperienza culturale di quei luoghi, connotata da una tensione aggregante positiva e da una condivisione del potere educativo verticale, ha comportato la diffusione del cosiddetto affido culturale, un modello di trasmissione di conoscenze che si ispira ai meccanismi dell’affido famigliare. Attraverso una selezione, effettuata dagli operatori dei servizi educativi e culturali, delle famiglie solitamente impegnate nella promozione degli interessi culturali all’interno del proprio nucleo, si raggiunge l’obiettivo di rintracciare quelle disposte a condividere tali attività con minori che non hanno l’opportunità di sperimentare i momenti di svago. Sulla base degli interessi palesati durante il colloquio selettivo, la famiglia affidataria viene abbinata ad un luogo del quale se ne fa promotrice, accompagnando in un percorso di crescita un minore e un membro della famiglia di appartenenza che hanno difficoltà ad accedervi per svariati motivi: socio-economico, disabilità, background migratorio.

Tale iniziativa di interesse pubblico si prefigge almeno due scopi. Sicuramente essa trasmette l’idea della cultura come un momento di piacere, allontanando quella visione coercitiva della conoscenza spesso imposta da cattivi modelli scolastici. In tal modo, si apre la strada alla curiosità, ponendo al centro delle attività culturali il minore e la sua famiglia a tal punto da diventare custodi di quel luogo e consapevoli fruitori di conoscenze. Ma gli effetti positivi di tale iniziativa si riverberano senza dubbio sulle relazioni tra la famiglia affidata e la famiglia affidataria che, riscoprendo un luogo della loro quotidianità, spesso poco praticato, generano un legame amicale tale da promuovere quell’esperienza in una modalità autonoma e personale. Dunque, l’esperienza delle Vie dei Tesori potenzialmente disporrebbe di quelle caratteristiche che l’istituto dell’affido culturale attua consorziando storie di luoghi e vicissitudini personali, poiché il contrasto ai fenomeni di povertà educativa è innanzitutto una battaglia contro i pregiudizi.

 

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